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Conseguenze del trattamento chirurgico della scoliosi a lunga distanza di tempo.

Anche in questo post voglio riportare una relazione presentata dal Prof. Marco Pecchioli al XIII Congresso Nazionale della S.I.E.F tenutosi a Lido di Camaiore l'8 e il 9 Novembre 2008.
Leggetelo con molta attenzione perché ritengo sia uno dei più importanti tra quelli scritti fino ad ora.
Buona lettura.



"Il nostro gruppo di lavoro, da me coordinato, ha avuto modo di osservare diversi casi di scoliosi operate da molto tempo (ciò significa decenni dal primo intervento chirurgico per scoliosi).
Alcuni di questi casi saranno presentati nel corso di questo nostro Congresso e saranno la nostra testimonianza della veridicità di quanto sarà affermato in questa comunicazione.
Per noi non è possibile effettuare delle indagini su grandi numeri perché non disponiamo di una struttura ospedaliera propria, né possiamo contare sulla collaborazione dei colleghi chirurghi della scoliosi, perché essi, per lo più, non condividono il nostro pensiero su come affrontare questa patologia deformante e neppure sul trattamento conservativo che noi conduciamo da decenni.
Essi non soltanto non lo conoscono, ma non ne vogliono proprio sapere e si rifiutano di documentarsi su di esso.
Considerata la originalità di questa nostra comunicazione, noi abbiamo trascurato di consultare la bibliografia esistente su questo specifico argomento delle conseguenze a lungo termine della chirurgia della scoliosi, e ci siamo attenuti soltanto a quanto abbiamo constatato noi stessi; questo è il motivo per cui non viene riportato nessun riferimento bibliografico.
Uno tra i casi più gravi (ma non il più grave) da noi visto è stato pubblicato sulla rivista 'La Ginnastica Medica', organo ufficiale della S.I.G.M. Società Italiana di Ginnastica Medica (M. Pecchioli, Storia di una scoliosi, Volume LIV - Fasc. 6 - anno 2006) ed è il racconto, fatta dalla persona stessa, delle vicissitudini sofferte dalla diagnosi della sua scoliosi, al momento della stesura di tale racconto.
Le conseguenze da noi riscontrate nei casi di nostra osservazione, alcuni dei quali saranno mostrati nel corso di questo Congresso, sono state le seguenti:

1 - Elementi radiografici

- Discopatia e artrosi a livello della giunzione inferiore, ma anche a quella superiore, tra il tratto artrodesizzato ed il tratto libero.
- Rottura delle barre.
- Distacco degli uncini.
- Perdita di correzione della angolazione misurata in gradi secondo il metodo Cobb.
- Pseudoartrosi.
- Reintervento (o per inconvenienti nella strumentazione, o per pseudoartrosi, o per tentativo di ripristino dell'assetto fisiologico del rachide - ripristino della lordosi lombare dopo che il primo intervento aveva abolito tale curva).
- Abbiamo osservato anche un caso di scoliosi gravissima, ma associata a marcata rigidità delle anche bilateralmente, per esiti di morbo di Perthes, ancora deambulante, che era stata artrodesizzata alla colonna vertebrale con esito negativo sul piano estetico e con esito drammatico sul piano funzionale, tanto da diventare incapace di rimettersi in piedi da sé, se si fosse distesa per terra. La rigidità in flessione delle anche era all'origine della rottura delle barre e delle pseudoartrosi, quale elemento scatenante nei tentativi di raggiungere i piedi con le mani per vestirsi, infilarsi i calzini, le mutande, ecc. In questo caso estremo, la rigidità delle anche, (compensata - prima della chirurgia vertebrale - dalla mobilità della colonna vertebrale malgrado la scoliosi, nella gestualità della vita quotidiana) era stata scompensata dal bloccaggio chirurgico della colonna vertebrale, con le prevedibili conseguenze: rottura dello strumentario e reintervento per rimuoverlo...lasciando la colonna vertebrale in condizioni peggiori di prima dell'intervento e la efficienza fisica, ma soprattutto l'autosufficienza, in condizioni peggiori.(vi mostrerò il video in un altro post)
È risaputo, ma è anche e semplicemente ovvio, che non si deve artrodesizzare la colonna vertebrale, anche se gravemente scoliotica, ad un soggetto che abbia una rigidità delle anche.

2 - Elementi clinici

- Rachialgie anche di forte intensità, alcune così invalidanti al punto di richiedere il reintervento.
- Appiattimento della lordosi lombare, con cedimento del tronco verso l'avanti e flexum delle ginocchia.
- Impossibilità a stare fermi in piedi per un periodo anche non eccessivo.
- Insufficienze muscolari a vari livelli ed in particolare dei muscoli addominali.
- Difficoltà di vario genere nella gestualità della vita quotidiana.

Questa breve comunicazione potrebbe anche concludersi qui, ma resterebbe da dire la cosa più importante e che dà il colpo di grazia alle eventuali contestazioni dei principi da noi affermati e cioè che:

(1) la scoliosi non deve essere operata, se non in casi gravissimi e nei quali comunque l'intervento ha un grosso margine di risultato rispetto alla situazione naturale. Nello specifico è il momento di smettere di agire in base alla classificazione in gradi Cobb, per cui è lecito sottoporre a chirurgia scoliosi al di sopra dei 50 gradi. Non è affatto lecito questo criterio ed agire così, semplicemente in base a tale constatazione è un errore grave e condannabile.
(2) la ginnastica correttiva e/o medica deve essere praticata sempre. Essa deve essere eseguita secondo le tecniche I.D., perché queste tecniche sono quelle che vengono studiate con la verifica dei risultati ed i risultati sono buoni in ogni caso ove l'indicazione sia corretta.
La cosa più importante è questa: nei nostri corsi di ginnastica capita che si presentino dei soggetti adulti ed anche anziani che sono portatori di scoliosi gravi, anche molto gravi, mi riferisco a curve di 80 e più gradi Cobb, con gibbi visibili e che non si sono operati mai per motivi vari.
Esso vengono per lo più a chiedere di frequentare i nostri corsi di ginnastica perché hanno mal di schiena a vari livelli e spesso insufficienze muscolari e/o rigidità articolari diffuse.
Tra queste persone ce ne sono anche alcune a cui è stato detto che ormai non c'è più niente da fare e che l'unica soluzione può essere chirurgica, anche se in tarda età.
Ebbene queste persone, incluso quelle a cui da più esperti è stata prescritta la chirurgia per la loro grave scoliosi, con la pratica della nostra ginnastica migliorano e migliorano anche esteticamente."



A questo punto vi consiglio di andare a rivedere i filmati che allegai ai post dal titolo "Scoliosi: operare o no?" pubblicati Sabato 8 Gennaio 2011, Lunedì 7 Febbraio 2011 e Lunedì 28 Febbraio 2011. I tre filmati mostravano tre storie di tre persone (una operata e due no) che mostravano le loro capacità fisiche.
Se non li avete ancora visti fatelo, capirete ancora meglio il significato di questo post.
In seguito aggiungerò il filmato di cui si parla nella relazione riportata in questo post.
A presto.

...Gli faccia fare un pò di nuoto...

Gino, un bambino di sette anni, amava molto nuotare e i suoi genitori, per accontentarlo, lo iscrissero ai corsi di nuoto della piscina vicina a casa loro.
Gino ce la metteva tutta perché gli piaceva nuotare ed in breve tempo divenne molto bravo in tutti gli stili di nuoto.
L'allenatore, che vedeva già in quel bambino una "promessa" per la squadra che lui allenava e per la Società Sportiva che affittava la piscina dove Gino faceva i corsi, chiese ai genitori di Gino se sarebbero stati d'accordo di mandare il bambino a fare delle piccole gare.
La risposta fu affermativa e la gioia di Gino non ve la sto a raccontare.
Ottenendo buoni risultati agonistici, Gino continuò ad allenarsi con un impegno ancora maggiore ed almeno per quattro giorni alla settimana, per due ore al giorno, si faceva in su e in giù le sue decine di vasche secondo i programmi proposti dall'allenatore.
Passarono gli anni e Gino era diventato molto bravo ma nel frattempo era parso ai suoi genitori che si fosse un pochino incurvato con la schiena.
Per stare tranquilli che non ci fosse niente di preoccupante, lo fecero visitare dal loro medico.
Gino era ormai un ragazzo di 12 anni ed aveva fatto una rapida crescita proprio in quell'anno, ed effettivamente si era incurvato, così il medico consigliò una visita specialistica da un Ortopedico.
I genitori di Gino allora portarono il ragazzo dall'Ortopedico consigliato dal loro medico e preferirono andare "a pago" per essere più sicuri che lo visitasse bene e con cura (le visite alla USL, si sapeva che erano sempre un pò più frettolose...).
L'Ortopedico visitò Gino, guardò le radiografie e poi, rivolgendosi ai genitori disse: "Per ora potete stare tranquilli, c'è un pò di Dorso Curvo, ma non sembra essere una cosa evolutiva. Fategli fare un pò di nuoto, vedrete che tutto si risolverà."


Marco Pecchioli

Le tecniche I.D nella scoliosi (I.D. sta per Istituto Duchenne)

Questa espressione è stata scelta deliberatamente in contrapposizione a quella di "metodo I.D.".
Essa indica le modalità da rispettare nell'eseguire esercizi fisici proposti per ottenere specifici effetti motori; per esempio allungare i muscoli ischio-crurali (effetto motorio ricercato) utilizzando gli esercizi fisici effettuati "secondo le tecniche I.D.".

Queste tecniche vengono studiate presso l'Istituto Duchenne - Scuola Nazionale di Educazione Fisica.

Quando ci si riferisca ad un determinato programma di ginnastica nel suo insieme, da eseguire secondo le tecniche I.D. (per esempio "ginnastica per infanti", "ginnastica per anziani", ecc.) ugualmente tale programma deve essere svolto ricercando gli obiettivi contemplati dalle tecniche I.D. relative al tema del corso ed effettuando gli esercizi fisici secondo le modalità previste dalle tecniche I.D.

Esempio: nel programma di ginnastica per anziani le tecniche I.D. prevedono lo studio degli esercizi di sospensione, lo studio degli equilibri, lo studio del rilassamento volontario, ecc. e tali obiettivi devono far parte del programma del corso di ginnastica per anziani, se si è indicato che tale programma deve essere eseguito secondo le tecniche I.D.; contemporaneamente, i singoli effetti motori ricercati saranno raggiunti mediante l'applicazione di esercizi fisici eseguiti secondo le modalità previste dalle tecniche I.D.
Quindi in questo ultimo caso esemplificato, l'espressione "secondo le tecniche I.D." va intesa come riferita sia ai singoli argomenti che devono comporre il programma nella sua interezza, che alle modalità di esecuzione dei singoli esercizi fisici.
La scelta dell'uso del termine "tecniche" in contrapposizione a quello di "metodo", come già detto sopra, è una scelta deliberata.
I motivi risiedono nel fatto che il termine "metodo" indica qualcosa di definito ed anche di compiuto, mentre il termine "tecniche" ha un significato aperto e riguarda soltanto le modalità di esecuzione.
Tali modalità restano aperte a modificazioni possibili, se valide e se accettate dal gruppo degli studiosi che si raccolgono attorno alla sigla di cui si tratti (in questo caso tecniche "I.D.") e che si confrontano e si aggiornano continuamente.
Inoltre i "metodi" sono generalmente il frutto della mente di uno studioso che li propone e li elabora e restano fissi dalla loro nascita alla loro scomparsa.
Le "tecniche" sono invece delle modalità di esecuzione (in questo caso di esercizi fisici) elaborate da più studiosi; esse possono anche variare nel tempo, in base agli studi ed ai risultati della loro applicazione.
Il termine "tecniche" inoltre e soprattutto, non preclude la ricerca e quindi le eventuali modificazioni ed aggiornamenti che si rendano via via necessari e lascia spazio a qualsiasi studioso che desideri impegnarsi nella ricerca, che voglia rendere partecipi gli altri dei suoi progressi e che accetti di restare sempre sotto il giudizio degli altri e del risultato che scaturisce dalla applicazione pratica delle sue proposte.
Il termine "tecniche" inoltre lascia apertura alla introduzione di obiettivi aggiuntivi, come pure al perfezionamento di elementi in uso, o alla eliminazione di modalità superate.
Deve essere aggiunto un altro particolare, degno di nota: qualora si riscontri la validità di tecniche motorie proposte in qualsiasi altro contesto (può trattarsi di esercizi che fanno parte di specifici metodi, o di esercizi usati in discipline sportive, ecc. e riconosciuti efficaci ed utili per i risultati che già sono stati verificati nel contesto del quale fanno parte) esse vengono aggiunte ed incluse nel repertorio delle tecniche I.D., sono a disposizione di chiunque voglia applicarle (se sa applicarle) e sono poste sotto quella fiducia che emana dal fatto della loro inclusione, quindi della loro validità (altrimenti non sarebbero state incluse).

Attualmente le tecniche I.D. sono in parte scritte sui libri, opuscoli e riviste, in parte registrate su videocassette, in parte ancora oggetto di studio e di perfezionamento.

Esse vengono discusse almeno mensilmente in occasione delle riunioni di studio che si svolgono presso l'ISTITUTO DUCHENNE e vengono attuate e verificate all'interno delle stesso ISTITUTO DUCHENNE, o presso le palestre e studi dei suoi Collaboratori, o anche presso strutture diverse dove si svolga la verifica sperimentale (esempio scuole elementari per il programma di "ginnastica per infanti").

Un caso di piede piatto che ho seguito.

In questo post riporterò la relazione che presentai in occasione del Corso di Aggiornamento sul Piede Piatto che si tiene ogni anno a Dicembre all'Istituto Duchenne.
La relazione è di Dicembre 2010. La riporterò con tutte le foto e i video allegati in modo da rendere il più chiaro possibile quello che viene fatto vedere. In più aggiungerò qualche spiegazione per far si che la relazione sia il più possibile comprensibile anche da parte di chi non è competente in materia.
Se ci fosse qualcosa che non capite vi invito a farmi tutte le domande che ritenete utili, anche quelle più banali. Come dice il Prof. Marco Pecchioli 'Le domande più banali sono quelle più importanti'.
Buona lettura.


Samuele arriva in palestra a Maggio 2010, ha 10 anni e la mamma è preoccupata per l’assetto dei piedi del figlio. La pediatra ha sempre notato la presenza di qualche problema ai piedi di Samuele fin da piccolo.
Viene fatta una visita ortopedica dietro consiglio della pediatra. L’ortopedico diagnostica un piattismo di 3° grado e consiglia dei plantari. Samuele ha 3 anni, e i plantari vengono messi fino all’età di 5 anni.
Al successivo controllo l’ortopedico disse che andava operato. Si sarebbe aspettato i 9 anni per effettuare l’intervento. Nel frattempo consiglia di fare nuoto.
Dai 5 ai 10 anni Samuele viene valutato annualmente dalla fisiatra che conosce la mamma, che diagnostica un piede lasso asintomatico.
Il suo parere è contrastante con quello dell’ortopedico, secondo lei i plantari non servivano, consiglia delle scarpe da ginnastica normali, di camminare scalzo e in punta di piedi, di camminare sulla sabbia e assolutamente di non fare l’intervento!
Vengono consigliati dei plantari morbidi non per correggere ma solo per cercare di appoggiare correttamente il piede.
A Marzo 2010, ad un controllo pediatrico, la pediatra si accorge che la schiena di Samuele ha qualcosa che non va. Viene fatta una radiografia, da cui non emerge nulla. Viene fatta una visita ortopedica, dove viene notata una tendenza a dorso curvo. Quando la mamma dice che il figlio fa nuoto, l’ortopedico dice “Allora capisco”.
Viene consigliata di fare della fisioterapia presso uno studio di conoscenza dell’ortopedico.
Il fisioterapista consiglia di lavorare per le prime 3 volte 1 volta a settimana per 15 minuti, nel frattempo gli esercizi dovevano essere ripetuti anche a casa. Ogni volta il numero di esercizi viene aumentato. In seguito si passa da 1 volta alla settimana a 1 volta ogni 15 giorni, successivamente sarebbe bastato 1 volta al mese. Ovviamente il bimbo doveva fare gli esercizi a casa: gli esercizi venivano ripresi con una telecamera, per poi farli mentre li guardava al televisore. Secondo il fisioterapista andava bene questo metodo tanto il bambino non era grave.
A Maggio 2010 conosco Samuele.
Il risultato dell’esame morfologico eseguito il 15 Maggio è il seguente:

Piedi in assetto normale (Foto 1 e 2):


Foto 1


Foto 2


Posizione di diamante e diamante modificato (Foto 3 e 4):


Foto 3


Foto 4

Nota: la posizione di diamante modificato (la posizione di diamante modificato si vede nella foto 4) viene vietata dal fisioterapista, perché a suo dire, avrebbe indebolito i muscoli flessori delle dita del piede di Samuele.

Viene impostato il seguente lavoro:

- studio sistematico della funicella: in particolare la tecnica del doppio rimbalzo, del singolo; in un secondo momento anche quella del doppio giro;

- studio dell’asse di equilibrio Baumann, con studio della corretta deambulazione: fase di spinta del piede dietro e fase di appoggio del piede davanti;

- esercizi al plantoscopio: retrazione del piede, controllo volontario della muscolatura delle dita dei piedi;

- esercizi di rinforzo muscolare: elevazioni sugli avampiedi, saltelli vari, andature varie;

- esercizio dei 4 tempi;

- sbloccaggio: diamante e diamante modificato;

- studio del passo;

- esercizi di allungamento I.C. (I.C. sta per muscoli ischio-crurali);

- esercizi vari agli attrezzi della ginnastica classica: scala curva, S.T.G. (Sbarra Tubolare Graduabile), anelli, ecc.

La situazione al 14 Settembre (cioè con due mesi di lavoro circa all'attivo, visto che Samuele interrompe a metà Giugno) era la seguente:


Impronta dei piedi in autocorrezione (Foto 5 e 6)


Foto 5


Foto 6


Alla richiesta di eseguire un elevazione sugli avampiedi (Foto 7 e 8)


Foto 7


Foto 8


Il 7 Dicembre 2010 rifaccio le foto, e le foto che seguono mostrano l'evoluzione che c'è stata da Maggio a Dicembre:


Assetto normale al 15 Maggio 2010 (Foto 9 e 10)


Foto 9


Foto 10


Assetto normale al 7 Dicembre 2010 (Foto 11 e 12)


Foto 11


Foto 12


Autocorrezione al 7 Dicembre 2010 (Foto 13 e 14)


Foto 13


Foto 14


Posizione di diamante e diamante modificato (Foto 15 e 16)


Foto 15


Foto 16


Alla richiesta di eseguire un elevazione sugli avampiedi (Foto 17 e 18)


Foto 17


Foto 18


Le sue capacità al 15 Maggio 2010





Le sue capacità al 7 Dicembre 2010





Conclusioni


Samuele ha imparato a saltare la funicella con una buona tecnica di esecuzione, sta provando a imparare il doppio giro, ha imparato a traslocare sull’asse di equilibrio in modo corretto, ha imparato a controllare volontariamente l’assetto dei suoi piedi, cammina corre e salta senza nessun problema.
Attualmente frequenta la palestra due volte a settimana con impegno e costanza.
Oltre al programma di lavoro classico per il piede piatto, sono stati inseriti anche esercizi per contrastare la tendenza al dorso curvo:
- scala curva;
- sospensioni simmetriche ai vari attrezzi;
- allungamento degli I.C.;
- esercizi alla S.T.G.

Ma il fatto più importante è che Samuele non si è operato!


E “nonostante questo” i piedi funzionano bene lo stesso…